Parrocchia Mariano al Brembo

San Lorenzo martire: le testimonianze

Prima metà del IV secolo

San LorenzoLa comunità romana non sembra conoscere molto sulla vita e sulla personalità del santo ma lo considera uno dei patroni della città, dopo Pietro e Paolo.

Il papa Damaso, autore di un’iscrizione in suo onore, rievoca la gloria della sua morte, dopo molti supplizi dicendo:

Verbera, carnifices, flammas, catenas
Vincere Laurenti sola fides potuit
solo la fede di Lorenzo poté vincere le verghe, i carnefici, le fiamme, le catene

La notizia contenuta nella Depositio Martyrum, del 354, è anch’essa molto succinta, ricordando solo la festa del santo, il IV giorno prima delle idi d’agosto, sulla Tiburtina, senza indicare la carica ricoperta da Lorenzo nella Chiesa né il suo compagno di martirio Sisto II.

Seconda metà del IV secolo

Ambrogio in diversi suoi scritti offre un racconto quasi completo del martirio di Lorenzo. Il diacono di Sisto II, incontrando il papa mentre è condotto al martirio, piange per il fatto di non poter seguire il suo vescovo; quest’ultimo gli promette che egli subirà la medesima sorte tre giorni più tardi (De officiis, I, 205-206).

Ricevuto l’ordine di consegnare i tesori della Chiesa, Lorenzo raduna i poveri, “il vero tesoro nel quale è presente Cristo, nel quale è presente la fede”.

Non essendosi in nulla sottomesso alla volontà dell’imperatore, ed essendosi anzi preso gioco del tiranno, egli è posto a giacere su una graticola ardente, e bruciato.

Morendo pronuncia queste parole:

Assum est, inquit, versa et manduca
È arrostito, volta e mangia [I, 207]

Inizio del V secolo

Prudenzio, poeta spagnolo, riprende i tre episodi principali riportati da Ambrogio anche se i due racconti divergono per alcuni particolari. Prudenzio fa morire Lorenzo su un rogo:

Conscende constratum rogum,
Decumbe digno lectulo
Sali sul rogo che è stato preparato, coricati su questo letto degno di te

mentre Ambrogio aveva parlato di una craticula. In secondo luogo, il poeta spagnolo descrive l’ufficio di Lorenzo senza il termine tecnico di “diacono” ma aggiungendo alcune precisazioni supplementari: Lorenzo è “il primo dei sette” che servono da vicino l’altare; inoltre, amministra le ricchezze consacrate a Dio, cioè ha l’incarico delle serrature che proteggevano gli oggetti sacri. L’ufficio attribuito a Lorenzo è quindi duplice: egli occupa un posto particolare nella liturgia, ed è incaricato, nello stesso tempo, di amministrare i beni della Chiesa.

Successivamente, Prudenzio descriverà una terza attività di Lorenzo: quella della distribuzione degli aiuti ai bisognosi.

Alcune differenziazioni fra il Lorenzo di Ambrogio e quello di Prudenzio: se in entrambi gli autori si ritrovano il tema del combattimento vittorioso, le metafore della vittoria e certi richiami della mitologia pagana, il Lorenzo di Ambrogio è solamente un eroe della fede cristiana mentre quello di Prudenzio diviene anche un eroe civile. I modelli biblici cui fa riferimento Ambrogio sono quelli della pastorale: Pietro e Stefano, Elia ed Eliseo, Abramo e Isacco. Prudenzio, dal canto suo, evoca gli eroi della fondazione di Roma per esprimere l’augurio che il riconoscimento del vero Dio porti rimedio alla loro cecità; e dopo la preghiera di Lorenzo, l’inno si chiude con la visione gloriosa di una nuova Urbs, fondata dai due apostoli Pietro e Paolo e da Lorenzo, “console perpetuo”, insignito della corona civica che era stata conferita ad Augusto.

Anche i modelli letterari presentano delle differenze: da una parte abbiamo un trattato di morale rivolto al clero, il De officiis, dall’altra, un inno che si ricollega con la poesia epica, nella tradizione di Orazio. Probabilmente Ambrogio conosceva bene una versione della Passione di Lorenzo (che insieme ad altri racconti di Passioni costituisce un opera ben più ampia, la Passio Polychronii, il cui nucleo centrale sembra essere costituito dalle tribolazioni di Sisto, di Lorenzo e di Ippolito); l’epopea di Prudenzio, invece, sembra essere nata per influsso del culto reso ufficialmente a Lorenzo dopo la costruzione della basilica dell’Agro Verano.

Fino alla fine del IV secolo e nei primi anni del V, la storia di Lorenzo sembra aver avuto una diffusione relativamente limitata all’Italia (non fu così per il suo culto: la diffusione delle reliquie fu senza dubbio molto più grande e rapida).

Dopo lo spagnolo Prudendo, infatti, anche l’africano Agostino pare conoscere poco della vita di Lorenzo, nonostante il periodo da lui trascorso a Roma. Agostino nei suoi sermoni fa riferimento sia ad Ambrogio che a Prudendo.

Una quarantina di anni più tardi, Pietro Crisolito riprende ancora gli episodi di Lorenzo usando espressioni molto simili a quelle degli autori precedenti.

Si può quindi supporre che, fino alla metà del V secolo, circoli, forse in modo piuttosto limitato, una Passione di Lorenzo la cui prima redazione più essere indicata nel periodo compreso fra il 330 e il 389, cioè fra l’epoca costantiniana (al momento della costruzione della basilica o subito dopo) e il 389 (data del De officiis di Ambrogio), nell’epoca in cui la Chiesa di Roma sembra favorire il culto di quello che diverrà uno dei suoi patroni principali.