Introduzione
Nell’apprestarci a parlare della Storia del nostro paese, Mariano al Brembo, noi saremo obbligati a tracciare un quadro anche della Bergamasca, per meglio inquadrare la situazione locale, per capire meglio la situazione ambientale, basandoci sui documenti esistenti, rileggendo libri storici, mettendo il naso nei vari Archivi.
Ma per meglio comprendere il lavoro fatto, prendiamo in prestito un appunto scritto da uno storico autentico, a don Mario Tagliabue:
“È noto che la Storia non è fatta di grandi avvenimenti: il tempo – se pur si misura, quanto più si fa lontano, ad anni e secoli – è fatto però di mesi, di giorni, di ore, di minuti… Quelli danno le grandi linee; ma queste si appoggiano e contano dei minuti materiali. Nelle grandi e Nobili costruzioni si vedono i grossi blocchi, le grandi lastre: ma queste si appoggiano al muro massiccio fatto di umili pietre e di semplici mattoni…
Verissimo che le storie parziali, episodiche, locali, sono il presupposto e il fondamento delle più grandi storie o delle storie a più ampio respiro e più largo raggio: ma si richiedono certe condizioni, violando le quali il fatto delle storie locali invece che un bene diventa un male.
Lo scrittore locale è naturalmente portato ad esagerare nel dare importanza a certi fatti: e fin qui niente di male. Lo storico superiore potrà e saprà valutare e discernere.
Il male si verifica quando, in mancanza di documenti – e talvolta, magari, contro i più eloquenti documenti – si fa la storia locale sulla base di tradizioni vaghe e lontane o nebulose. Non che le tradizioni debbano essere trascurate o avversate: ma dovrebbero essere riferite come tali e nei loro limiti di attendibilità e credibilità, e non assente all’onore immeritato (perché incontrollato!) di documenti irrefragabili.
La tradizione – specie se diffusa e costante – può contare: e deve, come tale, sempre contare: specie quando è la sola documentazione di taluni fatti; ma non può certo e non deve contare, quando si trova in contraddizione con documenti positivi. In questo caso va almeno riveduta, esaminata, ricercala nella sua formazione (cause e modalità), nel suo affermarsi e continuare.
Solo quindi in questo campo di valutazione e critica si richiede nello scrittore locale una abilità, coscienziosità e spensieratezza ben difficile a trovarsi.
Troppe doti che, per quanto si ritrovano, urtano quasi sempre – e quasi mai vittoriosamente – con l’ amore per il natio loco. Se in una storia di carattere generale e di ampio campo e respiro – come quella di Bergamo e dei Bergamaschi – possiamo perdonare superficialità, questo non dobbiamo concedere in storie di carattere locale o particolare: per le quali è giusto richiedere l’esaurimento e lo sfruttamento delle fonti possibili.
Diventeranno queste centoni di notizie minute? Ma se non ce le danno gli scrittori locali, chi ce le darà? Le sintesi presuppongono i lavori analitici.
Quindi allo storico è ovvio richiedere una documentazione, ricerca, ricchezza di particolari e di informazioni quale sarebbe fuor di proposito e ingiusto richiedere a una storia di carattere generale”.
Fonte: “Appunti sulla storia di Mariano” di Mario Colombo